Si segnala l’ordinanza di cui all’oggetto, reperibile su italgiure, che, nell’analizzare i rapporti tra il d.m. n. 55/2014 e il d.m. n. 140/2012, ha riconosciuto la prevalenza del primo sul secondo, in quanto lex specialis in materia di criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 18 ottobre 2017 – 17 gennaio 2018, n. 1018
Presidente Petitti – Relatore Grasso
Fatto e diritto
Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con decreto depositato il 3/5/2016, condannò il Ministero della Giustizia a pagare in favore di M.M.A. la somma di Euro 1.708,00, a titolo d’equo indennizzo per la non ragionevole durata di un processo incardinato ai sensi della I. n. 89/2001, nonché le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 225,00 oltre Euro 8,00 per esborsi, oltre accessori, distratte in favore dei difensori antistatari;
che avverso il predetto decreto la M. propone ricorso, ulteriormente illustrato da memoria, esponendo, con l’unitaria censura posta a corredo dello strumento, che la Corte di merito aveva violato o falsamente applicato gli artt. 91, cod. proc. civ. e 2233, cod. Civ., nonché il d.m. n. 55/2014, per avere liquidate il rimborso spese al disotto del minimo legale;
che l’Amministrazione resiste con controricorso;
considerato che l’opinione secondo la quale il decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10/3/2014, nella parte in cui stabilisce un limite minimo ai compensi tabellarmente previsti (art. 4) non può considerarsi derogativo del decreto n. 140, emesso dallo stesso Ministero il 20/7/2012, il quale, stabilendo in via generale i compensi di tutte le professioni vigilate dal Ministero della Giustizia, al suo art. 1, comma 7, dispone che “In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa”, non è condivisa dalla Corte, in quanto: come ricorda lo stesso controricorrente, il d.m. n. 140 risulta essere stato emanato (d.l. n. 1/2012, conv. nella l. n. 27/2012) allo scopo di favorire la liberalizzazione della concorrenza e del mercato, adempiendo alle indicazioni della UE, a tal fine rimuovendo i limiti massimi e minimi, così da lasciare le parti contraenti (nella specie, l’avvocato e il suo assistito) libere di pattuire il compenso per l’incarico professionale;
per contro, il giudice resta tenuto ad effettuare la liquidazione giudiziale nel rispetto dei parametri previsti dal d.m. n. 55, il quale non prevale sul d. m. n. 140 per ragioni di mera successione temporale, bensì nel rispetto del principio di specialità, poiché, diversamente da quanto affermato dall’Amministrazione resistente, non è il d.m. n. 140 – evidentemente generalista e rivolto a regolare la materia dei compensi tra professionista e cliente (ed infatti, l’intervento del giudice ivi preso in considerazione riguarda il caso in cui fra le parti non fosse stato preventivamente stabilito il compenso o fosse successivamente insorto conflitto) – a prevalere, ma il d.m. n. 55, il quale detta i criteri ai quali il giudice si deve attenere nel regolare le spese di causa;
considerato che la liquidazione effettuata dalla Corte locale in complessivi Euro 225,00 si pone al di sotto dei limiti imposti dal d.m. n. 55, tenuto conto dl valore della causa (da Euro 1.100,01 a Euro 5.200,00) e pur applicata la riduzione massima, in ragione della speciale semplicità dell’affare (art. 4, cit.);
considerato che a motivo dell’esposto il provvedimento gravato deve essere cassato e, sussistendone le condizioni, decisa la causa nel merito, il complessivo compenso può essere liquidato in Euro 1.198,50 (Euro 255,00 per la fase di studio, Euro 255,00 per la fase introduttiva, Euro 283,50 per la fase istruttoria, Euro 405,00 per la fase decisionale), oltre IVA e contributo ex art. 11 I. n. 576/1980, con distrazione in favore degli avv.ti G.F. e F.E.Ab., che ne hanno fatto richiesta, dichiarandosi antistatari;
considerato che le spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, sempre con distrazione, siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonché delle attività espletate.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata e, decidendo nel merito, liquida a titolo di spese, ponendo la somma a carico del Ministero controricorrente, per il giudizio di merito svoltosi innanzi alla Corte d’appello di Perugia, l’importo complessivo di Euro 1.198,50, oltre Euro 8,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori, distratto in favore degli avv.ti G.F. e F.E.A.; condanna il predetto Ministero al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che, distratte in favore degli avv.ti G.F., F.E.A. e R.R., liquida in Euro 900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.