Quando l’imputato diventa colpevole senza un processo, quando il ruolo di difensore viene definito infame, quando l’esercizio del diritto di difesa è considerato un’arrampicata sui muri: così muore la coscienza civile e germoglia il germe che infetta ogni stato di diritto, il qualunquismo.
Con questi termini offensivi il giornalista Massimo Gramellini, sulle pagine de La Stampa, ha descritto una delicata vicenda processuale. Testualmente: “L’avvocato difensore dei colpevoli è mestiere infame che costringe a qualsiasi genere di arrampicata sui muri ospitali della legislazione italiana, ma stavolta l’impresa risulta particolarmente improba”.
Inutile ricordare al giornalista che la nostra Costituzione repubblicana si fonda sullo stato di diritto, e soprattutto sul diritto alla difesa. Inutile anche sottolineare che ogni cittadino è imputato, prima di essere condannato come colpevole. Inutile evidenziare, infine, che un paese può considerarsi civile solo quando assicura ai colpevoli (resi tali dalla condanna di un giudice, non da un articolo maldestro) una pena equa, non un giudizio sommario con ghigliottina a mezzo stampa.
Ogni avvocato, leggendo queste parole, si senta personalmente insultato dal qualunquismo di chi scrive.
Allo stesso tempo, però, ogni avvocato si fortifichi e raddoppi il proprio sforzo professionale, perché se ancora in Italia qualcuno si permette parole del genere, significa che lo stato di diritto non è un concetto assodato, ma un bene ancora da difendere e su cui noi per primi dobbiamo vigilare.
La Presidente avv. Patrizia Corona
Unione Triveneta dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati